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Manila: San Paolo Apostolo. Un progetto di Danilo Lisi per dare un nuovo volto alla periferia più povera

Le navi che arrivano di notte vedono da lontano splendere la croce che ne illumina la facciata. La nuova chiesa di San Paolo Apostolo sta proprio accanto al porto di Manila, il primo che incontra chi attraversa l’Oceano Pacifico e arriva all’Asia dalle Americhe. E, come spiega il progettista, Danilo Lisi, quell’imponente croce di acciaio non diventa solo un faro nella notte, ma è anche, e in modo più fondamentale, il «punto di riferimento per i tanti derelitti che, soprattutto nell’attuale emergenza pandemica Covid-19, hanno trovato lì un luogo di primo soccorso e solidarietà».

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La facciata nella notte, con la grande croce illuminata (Natale 2020). Foto Maestro Ochanine

La storia di questa chiesa, sorta a due passi dalla malfamata quanto maleodorante Smokey Mountain, l’immensa discarica rovistando nella quale migliaia di famiglie sono vissute per decenni e migliaia di bambini sono cresciuti, è esemplare della capitale filippina e rimanda ai problemi urbani diffusi nei Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, ma anche a come le chiese erano costruite pure qui da noi in epoche lontane.

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Smokey Mountain. Foto Hartmut Schwarzbach/argus

L’architetto Lisi ebbe modo di incontrare il parroco, il missionario canossiano p. Carlo Bittante, nel corso di un viaggio nelle Filippine compiuto nel 2010 e questo, saputo che aveva già progettato diverse chiese in Italia, gli chiese se non potesse contribuire alla crescita della comunità locale disegnandone una anche per la sua parrocchia.

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Lo slum. Foto Hartmut Schwarzbach/argus

Una parrocchia particolare: situata nel quartiere di Tondo, confinante appunto con la Smokey Mountain e nel cui vasto territorio vivono circa centomila persone. Manila, come tante altre città simili in Asia, Africa e nelle Americhe, ha un centro ricco e denso di costruzioni di pregio: «Makati, paragonabile a Manhattan, con grattacieli firmati e centri commerciali all’avanguardia» come riferisce Lisi. Ma tutto attorno ci sono gli slum, tra i quali Tondo è uno dei più grandi, non solo delle Filippine ma di tutta l’Asia. La vicina Smokey Mountain era la più importante discarica della città e, aperta nel 1953, era giunta a estendersi su trenta ettari di terreno.

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Manila. I grattacieli nel centro, gli slum attorno. Foto Alexes Gerard/Unsplash

Dai primi anni 2000 quella discarica non è più attiva, nel senso che non vi giungono più rifiuti, ma ancora un’altra discarica lo era quando prese avvio l’iniziativa per dotare Tondo di un nuovo centro parrocchiale. E tutt’ora la raccolta di rifiuti continua a essere l’attività tramite la quale molti ricavano il proprio sostentamento. Riferisce Danilo Lisi: «gli scavengers scavavano tra i rifiuti con lunghi uncini di ferro e riempivano sacchi con bottiglie vuote, pezzi di metallo e di plastica per poi rivenderli ai compratori: gli small buyer, appostati all’ingresso della discarica. Quando visitai il sito, attraversai la smokey mountain su una camionabile che si snoda sulla spazzatura compressa ai lati di due villaggi dove vivono gli scavengers. I vicoli tortuosi tra le capanne si trasformano ogni volta che piove, e qui accade spesso e anche in maniera torrenziale da giugno a fine ottobre, in fiumi scuri dove sguazzano bambini e animali. Soprattutto nel periodo dei monsoni, tutto si trasforma in una palude fangosa dove il percolato si infiltra nel terreno e inquina tanto le falde acquifere quanto il mare della bella e ampia baia di Manila».

La parrocchia disponeva di una piccola chiesetta, ma questa era «soggetta a continui allagamenti. Qualche anno prima un benefattore aveva donato un terreno di 12.000 mq per costruire un nuovo complesso parrocchiale e dal 2009 si stava innalzando una struttura per lo Youth formation and social center, per attirare i giovani e tenerli lontani da droga e prostituzione minorile». Perché questo è il destino al quale sono riservati spesso coloro i quali giungono dalle campagne sperando di trovare una vita migliore nella metropoli: presi dalla fame, devono cercare di sopravvivere nelle baracche di cartone e di legno che vengono regolarmente spazzate via dai monsoni, e l’ambiente sociale offre a molti proprio quello: commercio di rifiuti, prostituzione e spaccio di droga.

In tali circostanze il centro parrocchiale diviene l’unica ancora di salvezza per offrire una vita civile, un riscatto di dignità sociale.

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Prospettiva laterale. Progetto Danilo Lisi

La prima pietra fu posata nel 2012 dall’arcivescovo, card. Luis Antonio Tagle, oggi divenuto Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Sulla base dei disegni di progetto, e col coordinamento del parroco p. Carlo Bittante e la direzione di un ingegnere di Manila, nel giro di sei anni l’edificio della chiesa e del centro parrocchiale è stato completato: nel 2018 è stato inaugurato dall’arcivescovo Tagle. Se paragonato ai tempi di solito necessari per il completamento di un centro parrocchiale nuovo in Italia, si tratta di un’opera compiuta in tempi brevissimi. Nel 2020 mancano ancora alcun aspetti delle finiture interne e delle opere d’arte, ma il centro parrocchiale è vivo ed è il riferimento della vastissima comunità parrocchiale. In un Paese in cui il cattolicesimo è di fondamentale importanza e in cui la crescita della popolazione è ancora vivace: nel corso degli ultimi trent’anni la popolazione filippina è passata da 60 milioni circa a circa 110 milioni. E nella parrocchia vengono battezzati oltre cento bambini alla volta.

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La facciata, il sagrato e il porticato di destra da cui si accede al battistero. Foto Jar Congengco.
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Vista del porticato con l’ingresso al battistero. Foto Jar Congengco.

Ci hanno lavorato decine e decine di persone offrendo, chi qualche ora del proprio tempo, chi alcuni materiali, chi alcuni elementi impiantistici. È stata un’opera veramente corale. Danilo Lisi ha più volte incontrato la comunità e discusso non solo col parroco, ma con i parrocchiani, il modo in cui definire il progetto. Anche per questo, al momento della sua realizzazione, in molti di loro hanno partecipato attivamente, offrendo il proprio lavoro anzitutto. Altri importanti contributi sono giunti da benefattori. Un imprenditore italiano che opera in Asia ha fornito le apparecchiature illuminotecniche per la facciata. Un’imprenditrice di Manila, lady Zenaida Tantoco, ha finanziato gran parte delle finiture e offerto l’opera di alcuni suoi dipendenti.

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La corte tra la chiesa, a destra, e il braccio con i locali del ministero pastorale e la canonica, a sinistra. Foto Jar Congengco.

«Ricordo un operaio che lavorava in ciabatte maneggiando del fil di ferro su un’impalcatura improvvisata – racconta Lisi parlando di una delle visite che compì mentre si stavano portando avanti le opere – in condizioni di precarietà. Ma con impegno, entusiasmo e desiderio di vedere compiuto il sogno di un edificio capace di resistere agli uragani e di essere riferimento e luogo di accoglienza». Ora si spera di poter completare l’apparato iconografico interno, incluso un grande mosaico che dovrebbe essere realizzato dall’artista, p. Marko Rupnick.

Il progetto è stato pensato per essere semplice da realizzarsi, ma duraturo e di facile manutenibilità. Col tetto a due spioventi per resistere alle piogge torrenziali, con la facciata in pietra vulcanica, di facile reperibilità poiché nelle settemila isole delle Filippine ci sono 80 vulcani attivi.

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Vista dall’alto nel panorama di Manila. Foto Hartmut Schwarzbach/argus

Così lo descrive Danilo Lisi: «Da un viale alberato, in lieve pendenza, si accede al sagrato, con colonne su due lati, ideato come luogo di incontro per la comunità, fulcro baricentrico che mette in relazione le strutture esistenti con l’aula liturgica e il blocco di aule per la catechesi, il salone parrocchiale e gli alloggi dei padri canossiani.

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La pianta del complesso parrocchiale. Si nota il battistero alla destra dell’ingresso e la penitenzieria a sinistra; la facciata si presenta come organismo a sé stante, distaccato dal corpo della chiesa. Le palme previste nel progetto devono ancora essere piantate.
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Vista assiale dell’aula (ancora in allestimento, in particolare mancano i mosaici absidali provvisoriamente sostituiti da figurazioni su tela). Foto Jar Congengco.

«L’impianto liturgico dell’aula è strutturato con, a destra dell’atrio, il battistero dal doppio ingresso per permettere al catecumeno l’accesso diretto e da questo, una volta battezzato, quello alla chiesa. Il fonte è ribassato di 3 gradini, a simboleggiare l’immersione e la riemersione, la morte nel peccato e la rinascita nella grazia. A sinistra dell’atrio l’area penitenziale con la parete sinistra decorata da un pannello con tre temi della vita di Gesù: la moltiplicazione dei pani, la trasfigurazione e l’episodio di Emmaus, che accompagna il fedele alle due mense del Cristo Veritas (ambone) e del Cristo Vita (altare). Sul lato destro, nell’area dei fedeli, lo spazio per il coro. In fondo, il presbiterio illuminato dall’alto, con al centro l’altare. Il fondale un grande mosaico mostra la folgorazione di San Paolo e la crocifissione di San Pietro».

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La parete laterale traforata da vetrate artistiche. Foto di Maestro Ochanine
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Vista dell’aula dal presbiterio. Si nota la struttura della copertura. Foto Jar Congengco.
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Il battistero ribassato di tre gradini rispetto al piano dell’aula (in attesa del collocamento del fonte).Foto Jar Congengco.

Dopo l’inaugurazione del nuovo centro parrocchiale non solo la discarica dello Smokey Mountain è stata dismessa, ma sono state costruite case a prezzi accessibili, in muratura, dove hanno cominciato a trasferirsi alcune delle famiglie che vivevano nella baraccopoli.

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Il complesso parrocchiale fronteggia il porto di Manila. Foto di Maestro Ochanine.

Così la chiesa irraggia non solo luce nella notte, ma un alito di nuova vita per animare il quartiere di Tondo, la periferia più periferica di uno dei luoghi più periferici del mondo. E si conferma come la costruzione della chiesa sia essenziale per la costruzione di una comunità.  “La bellezza non è sfarzo o qualcosa riservata ai ricchi” ha scritto p. Carlo Bittante, invece può aiutare a tirar fuori il positivo, il bene e il buono nelle persone povere e nello stesso tempo può cambiare l’idea negativa di Tondo nell’immaginario della gente”.

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L’incastellatura orizzontale delle campane. Foto di Maestro Ochanine

 

(Per la concessione delle immagini ringraziamo Danilo Lisi)

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