Dopo il disastroso terremoto del 2009, parte fondamentale dell’impegno per ritrovare la serenità della vita civile nel capoluogo abruzzese, è l’opera della Arcidiocesi di l’Aquila per restaurare gli edifici di culto non eccesivamente danneggiati e per costurire nuove chiese ove necessario.
In questo secondo ambito si colloca il Concorso, indetto dall’Arcidiocesi, per la progettazione del nuovo complesso parrocchiale “San Giovanni Battista“ in località Pile (AQ).
Gli esiti del Concorso sono stati pubblicati l’8 febbraio 2019: vincitore è risultato il progetto presentato dal gruppo coordinato dall’ing. Massimo Conte, secondo classificato il progetto presentato dal gruppo coordinato dall’arch. Laura Fagioli, terzo il progetto presentato dal gruppo coordinato dall’arch. Renato D’Onofrio.
L’individuazione di un vizio di forma ha comportato l’esclusione del primo classificato (al riguardo rimandiamo al sito Web dell’Arcdiocesi http://www.chiesadilaquila.it/2019/10/10/concorso-nuovo-complesso-parrocchiale-di-pile-comunicazione/ ), ma restano i progetti selezionati nell’ambito del Concorso: sono opere che entrano anch’esse a far parte della storia dell’architettura delle chiese contempranee in Italia.
Per questo desideriamo presentarli ai lettori, a partire dal secondo classificato, le informazioni sul quale sono state fornite dall’architetto Laura Fagioli, che ha coordinato il gruppo di progettazione.
Dalla relazione di Progetto:
Rapporto con l’ambiente urbano
La conformazione dell’area ha guidato la disposizione dei volumi sul terreno e le relazioni tra essi con l’ambiente urbano circostante, frammentario e non qualificante. Il contesto necessita urbanisticamente di un fulcro simbolico, visivo e di aggregazione.
Il volume della chiesa si impone a chi accede frontalmente all’area. Prosegue poi una serie di spazi aperti e chiusi che si dispiega seguendo le differenze di quota; non si chiude in luoghi introflessi, ma crea relazioni con l’intorno; cuce la distanza tra l’accesso principale da nord e la canonica appartata a sud. Tutto questo in un movimento dinamico e al contempo ordinato, costituito da geometrie semplici e regolari, che riorganizzano e disciplinano il disorientamento originato dalla disorganica edilizia circostante.
Riconoscibilità della chiesa
La chiesa nasce come volume puro, si impone gerarchicamente sull’intorno, ma al contempo si lega al paesaggio e alla tradizione storica.
Risulta evidente il legame visivo tra la facciata nitida connotata dalla forza del portale e la vicina chiesa di S. Antonio Abate. La piazza, il sagrato ascendente, il nartece-portale incastonato nel prospetto principale, conducono alla porta di accesso all’aula liturgica. Il campanile isolato costituisce un ulteriore deciso segno di riconoscibilità dell’edificio ed è collocato ad introdurre nella piazza che lambisce longitudinalmente la chiesa.
Il prospetto sud riconferma il tema di facciata: l’ampia superficie, su cui è incastonato il volume di luce, si impone come prospetto principale da meridione.
Profilo estetico formale
Il volume si fonda su forme geometriche semplici.
I prospetti sono caratterizzati ognuno da un segno deciso: la facciata dal cono del nartece-portale; il prospetto ovest è sottolineato dal campanile e ospita l’accesso laterale all’aula; verso sud il prospetto si apre nell’elemento absidale; ad est il volume si raddoppia nel corpo della sacrestia e degli uffici. Quest’ultimo poi prosegue per formare la “L” delle aule che circoscrive la corte.
All’interno dell’aula liturgica, il “controsoffitto”, conforma lo spazio in un ambito di minore altezza e duplica superiormente le superfici laterali, disegnate da un sistema di piccole aperture che, nel loro disegno, riecheggiano i motivi geometrici caratterizzanti le facciate storiche. La luce entra e viene filtrata in modo mirato per andare a conformare l’interno della Chiesa. Gli elementi di colore esaltano la luminosità dello spazi.
Impianto liturgico
Varcata la soglia, alla sinistra, l’immagine di Maria collocata in asse obliquo rispetto all’ambone, accoglie, quasi sussurrando: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Il sistema nartece-porta è anche preludio rituale e iconico al battistero, con il candelabro che reca l’immagine del patrono e custodisce gli oli dei catecumeni e crismale.
L’assemblea, immersa nella luce azzurra, segno del proprio battesimo riscopre la vocazione ad essere testimone di Luce.
Dal fonte lo sguardo va verso il bema. Il taglio della parete absidale illumina con forza escatologica la direzione del percorso dei fedeli.
L’ambone, si offre come monumento dal quale il Cristo risorto continua a rivolgersi ai suoi discepoli. Il soffitto avvolge con le sue falde colorate l’assemblea e amplifica visivamente la dimensione cosmica della Parola. Ai lati del bema sono posti i luoghi per la custodia eucaristica e la custodia dell’evangeliario.
La prima, rosseggiante per l’ardente presenza di Cristo nelle specie eucaristiche, è per la preghiera personale, con particolare riferimento alle membra sofferenti del Corpo di Cristo (olio per l’unzione degli infermi). La seconda, verdeggiante per la custodia del Vangelo, offre uno spazio per la sua collocazione dopo la proclamazione liturgica e per la venerazione permanete. Prossima all’ingresso è collocata la penitenzieria.
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Il gruppo di progetto:
Arch. Laura Fagioli (capogruppo), progettista
Arch. Gianluca Tronconi, progettista
Don Gaetano Comiati, liturgista
Paul Moroder, artista (altare, ambone, sede, fonte battesimale, custodia eucaristica, statua mariana, immagine di S. Giovanni Battista, portale, vetrate)
Norberto Secchi, artista (crocifisso, decorazione del soffitto, via crucis)
Arch. Anna Conti, consulente (progettazione architettonica e paesaggistica)
Ing. Andrea Giannantoni, consulente (progettazione strutturale)
Arch. Bruno Gori – Pro.rest.srl, consulente (ricerca storico-artistica)
Studio Akros (arch. Margherita Bececco), elaborazione grafica