di Oliviero Martini
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare l’Arch. Tino Grisi, proponendogli una riflessione riguardo all’architettura e al progetto d’allestimento dello spazio sacro. Grisi è studioso del disegno dell’architettura ecclesiastica. Si è formato presso il Politecnico di Milano e alla Sapienza di Roma, dove ha ottenuto il Master di II livello in Progettazione e adeguamento di chiese. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Ingegneria Edile-Architettura all’Università di Bologna con una tesi sull’opera di Emil Steffann.
Recentemente è stato pubblicato il suo libro “Architettura Liturgica. Un dizionario essenziale” per LetteraVentidue (1). Il testo propone una sequenza scelta di termini che sembrano voler allestire in un’unica architettura artifici e significati tra loro distanti ma correlati. Può parlarci del processo di stesura di questo lavoro?
Mi sono sempre appuntato l’idea di questo tipo di volume, per avvicinare i temi teologico-liturgici alla dimensione operativa del professionista. Ho preferito a voci tipiche di un glossario, come possono essere altare o ambone, quei termini collegati all’idea di azione spazio-temporale, per i quali mi sono confrontato con Monsignor Santi e il mio editore di LetteraVentidue. Ovviamente è il risultato finale di un ampio lavoro di sintesi, affiancato anche da disegni, da fotografie e da un’importante bibliografia selezionata per ogni voce.
All’interno del paragrafo Oriente, viene offerta un’interpretazione dello spazio sacro, esplicitandone la capacità di riferirsi all’infinito esterno e di istituire “un de-centramento” virtuoso della città (2). Possiamo provare ad approfondire il tema dell’orientamento?
Ho ereditato quest’idea di de-centramento dai miei studi sulle chiese di Emil Steffann, che con spinta acribia orientava le proprie architetture. La chiesa doveva infatti collocarsi all’interno di una dimensione cosmica, subendo se necessario delle rotazioni rispetto al contesto urbano d’appartenenza e, magari, completamente ruotata rispetto al tracciamento stradale del quartiere. Oggi il confinamento dell’edificio chiesa in lotti residuali della periferia, abbandona proprio questa capacità di trasformare e accompagnare il disegno di griglie e assi della città. Al contrario lo studio dell’orientamento dei luoghi di culto, produrrebbe un rinnovamento della nostra dimensione urbana.
Tra le definizioni da lei proposte, compare anche quella di stile, come contenuto in grado di rendere l’architettura organica al sistema simbolico della celebrazione (3). Quale importanza attribuisce all’azione nella sua pratica professionale?
Il termine stesso liturgia definisce un’azione per il popolo. Come insegna il liturgista p. Silvano Maggiani, è l’altare il principale luogo celebrativo e punto di partenza per la progettazione di ogni edificio di culto. Così l’azione liturgica va intesa quale base di ogni progetto per la chiesa. Esiste una dimensione dinamica data dalla relazione e dalla compresenza delle polarità liturgiche.
Tutto questo ha a che fare con un’altra voce del dizionario, probabilmente la più destabilizzante, che è illocazione. In realtà si tratta di un termine assente nella lingua italiana, mentre in altre lingue, in studi e componimenti è servita a definire la relazione tra persistenza e temporaneità. Il senso dello spazio si avvera nella dinamica relazione all’interno dell’aula liturgica durante la celebrazione, poi tutto torna continuo cosmico. È questa la grande sfida dello spazio liturgico pensato in profondità.
Ha avuto occasione di lavorare a concreti progetti di riuso o adeguamento liturgico?
In un solo caso mi sono occupato di un interno una cappella cristiana, tramite un sistema d’arredo liturgico. Ogni dispositivo conferiva allo spazio un’idea di orientamento.
Riguardo questa tematica, è bene citare la chiesa granaio di Steffann del 1942. Si tratta infatti di una chiesa celata in una costruzione agraria, che però non è mai stata utilizzata né come luogo di culto né come deposito. Insomma, è facilmente identificabile per la sua costruzione in forme primarie, non altrettanto riconoscibile nell’utilizzo. Possiede quindi un suo carattere architettonico, slegato dalla mera funzionalità e aperto al futuro.
Quali strategie progettuali propone nel recente testo che ha visto la sua collaborazione, Modelli di chiesa all’aperto (4)?
Questo lavoro è sensibile proprio a quanto abbiamo detto in precedenza. I quattro “Modelli di chiesa” hanno significato pur non venendo contenuti nel recinto architettonico. L’azione celebrativa emerge attraverso il rapporto variabile tra i poli liturgici e l’assemblea, all’interno di uno spazio aperto. Abbiamo preferito proporre elementi che si possano facilmente autocostruire e installare. Sebbene questo lavoro non intenda recuperare alcun riferimento progettuale, possiamo evocare un legame con la radicalità dei device proposti dai designer italiani degli anni ’70. I modelli sono disegnati secondo disposizioni ormai storicizzate, ma permettono tuttora di innovare lo spazio liturgico, proponendo una comprensione più ampia di esso.
Come si colloca il digitale in relazione all’architettura sacra?
L’unico tentativo di inserire il digitale in un’architettura ecclesiastica è riconducibile a Peter Eisenman a Tor Tre Teste a Roma per il concorso del 1996, nel suo progetto attraverso tali strumenti, la percezione spazio-temporale va oltre il volume architettonico. Si tratta di una proposta che venne lasciata cadere, ma che oggi dovrebbe tornare attuale.
Nel suo sito web propone un catalogo di suoi progetti, scritti e ricerche. In quali opere è oggi impegnato?
Il lavoro prende sempre direzioni occasionali. Il mio progetto di ricerca in itinere Church for the Future (5) nato l’anno scorso come approfondimento di un linguaggio parabolico dell’architettura è oggi strettamente legato ai tempi pandemici che stiamo vivendo. Il tema riguarda l’idea di chiesa che accoglie nel silenzio, rifacendosi alla lezione contenuta nel memorandum per il progetto parrocchiale di Sant’Anna a Berlino di Schwarz e Steffann (6): in esso è contenuta l’idea di misura e appropriatezza del manufatto ecclesiale in rapporto alla massa della città. La serie sarà pubblicata in un’importante volume di imminente uscita, “Spazio sacro e città contemporanea”, curato da Danilo Lisi per i tipi di Gangemi.
Recentemente ho partecipato a un concorso di progettazione con un lavoro di gruppo che ha prodotto un risultato interessante (7). Tra i vari partecipanti, il nostro team è stato l’unico a lavorare sulla capacità interattiva dell’arredo liturgico, creando nuove polarità nello spazio, come nel caso dell’ambone. Il progetto, rinnovando nel solco vivo della tradizione, lascia sicuramente una traccia.
Potete consultare i progetti citati nell’intervista all’indirizzo www.tinogrisiarchitetto.com
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Tino GRISI, “Architettura Liturgica. Un dizionario essenziale”, LetteraVentidue, Siracusa, 2019.
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“Nella contemporaneità, in coincidenza con il Movimento Liturgico, riprende vigore la sottolineatura degli assi che rinviano il radicamento dell’interno all’infinito esterno, congiungendo le polarità liturgiche e suscitando azioni influenzate dal trascorrere della luce. Allo stesso modo l’orientamento architettonico della chiesa può essere commento e deviazione rispetto ai banali tracciamenti urbani dove è costretta a istituire un “de-centramento” virtuoso della città.” GRISI, “Architettura liturgica”, pgg. 60-61.
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“Lo stile allora è il contenuto formante proprio dell’architettura liturgica, in grado di sottrarla all’a-priori estetico e renderla organica al sistema simbolico della celebrazione.” GRISI, “Architettura liturgica”, pg. 89.
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Angelomaria ALESSIO, Tino GRISI, Francesca LETO, Silvia TARANTELLI, “Modelli di chiesa all’aperto. Quattro figure dell’incontro nel distanziamento”, https://architetturasacra.org/chiese-allaperto-come-celebrare-in-tempo-di-pandemia/.
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Tino GRISI, Church for the future, The Booklet, 2019
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Rudolf SCHWARZ, “Liturgie und Kirchenbau. Denkschrift aus Anlass des Neubaus der Sankt-Annen-Kirche in Berlin-Lichterfelde (1936)”, in Konturen. Rothenfelser Burgbrief, n. 02, 2004, pp. 6-16.
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Concorso per il nuovo complesso parrocchiale ad Alba Adriatica (TE), 2020, progetto menzionato per la coerente sinergia tra lo spazio architettonico, l’assetto liturgico e il progetto artistico, coordinato dall’Arch. Alessandro Bellini con l’Arch. Sossio De Vita, Arch. Tino Grisi, OfficeX, Arch. Emanuele Cavallini, don Gianni Cavagnoli e gli artisti Willy Verginer, Giorgio Tentolini, Fabio Lombardi..