”Ogni edificio si regge sulla propria struttura: pilastri, colonne, travi. Ma l’edificio della chiesa, prima ancora che su tale apparato statico si regge su un’altra struttura: quella liturgica”. Detto in altro modo, se la forma segue la funzione, l’architettura delle chiese è chiamata a seguire la liturgia. E la libertà espressiva consentita dalla tecnologia attuale rende tanto più facile questo esercizio negli edifici di nuova progettazione, pur con tutti i problemi di significato e di senso che questa libertà comporta.
Questo è il tema attorno al quale ruota il volume Architettura e liturgia. Intese, oltre i malintesi curato da Leonardo Servadio con contributi di Giancarlo Santi, Paolo Portoghesi, Paolo Tomatis e Valerio Pennasso (TAB, pagine 192, euro 20,00).
Tra i tanti libri dedicati a tali tematiche negli anni recenti, questo volume risalta in quanto non redatto da un “addetto ai lavori” ma da un giornalista che si pone in una posizione di terzietà rispetto committenti e progettisti, come anche rispetto alle correnti di pensiero che attraversano il mondo dell’architettura contemporanea. E, “pur senza pretendere di rappresentare la comunità dei fedeli, parla dei progetti di chiese in quanto appartenente a tale comunità” com’è scritto nella premessa.
Sotto questa luce il lavoro appare quanto mai tempestivo poiché in questi ultimi anni, come testimonia il modo in cui sono organizzati i più recenti concorsi nazionali per la realizzazione di nuove chiese, le comunità parrocchiali sono sempre più coinvolte nel processo di preparazione e di selezione dei progetti di nuove chiese e per conseguenza i fedeli che un tempo erano estranei alla complessità degli approcci e degli itinerari progettuali, sono sempre più chiamati a esserne coprotagonisti. Esattamente come con la riforma liturgica i fedeli sono chiamati a essere attivamente copartecipi nelle celebrazioni liturgiche.
Il volume riprende e segue la traccia delle due note pastorali pubblicate a cura della Commissione episcopale per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana, sulla Progettazione di nuove chiese e su L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica e indaga come nella realtà dei fatti la prassi liturgica sia stata tradotta nelle specifiche articolazioni architettoniche che la ospitano. Seguendo un filo non diacronico ma interpretativo, in particolare in epoca postconciliare ma non solo.
Il compianto mons. Giancarlo Santi domanda, in relazione alle chiese post Concilio chiede: “Vi è coerenza tra le linee guida [delle Note pastorali] e i progetti realizzati in Italia dal 1993 a oggi?”, ed evidenzia l’importanza di discutere l’argomento osservando criticamente l’articolato e ormai assai vasto panorama delle produzioni contemporanee.
Paolo Portoghesi si riferisce ad alcuni passaggi fondanti della riforma liturgica compiuta dal Concilio per spiegare la necessità di recuperare la continuità della tradizione che sia sul piano liturgico sia su quello architettonico, non può essere interrotta, a differenza di quanto forse ad alcuni è parso. “Per acquisire la possibilità di rendere visibile l’invisibile non si può fare a meno di utilizzare il patrimonio della memoria collettiva, in modo particolare in quelle parti del mondo, come l’Europa, in cui la storia delle chiese non vive solo nei libri e nei musei ma nella memoria di tutti”.
Nel corpus del volume sono discussi decine di progetti di chiese, e degli elementi e luoghi che le compongono, dalla Madonna dei Poveri di Figini e Pollini, alla chiesa di Alvar Aalto a Riola di Vergato; dalla chiesa romana di Richard Meier alla cattedrale di Los Angeles di Rafael Moneo; dalla concattedrale progettata da Gio Ponti per Taranto, a quella di Paolo Portoghesi per Lamezia Terme a tante altre architetture e adeguamenti liturgici. Si stabilisce così un diretto confronto tra tali realizzazioni e quanto indicato nelle Note pastorali e si osserva in che modo le indicazioni di carattere liturgico, culturale, sociale elaborate dalla Chiesa italiana sono riflesse, o non riflesse, nella concretezza delle opere.
Nella sua Postfazione il liturgista prof. don Paolo Tomatis riprende il discorso del necessario recupero della continuità, proiettata in un orizzonte evolutivo: “La proposta di comprendere il compito della progettazione di una chiesa cattolica contemporanea a partire dalla liturgia, colta nelle sue dinamiche e nei suoi poli principali, ci conduce sul terreno di un processo in atto, quello della riforma liturgica, che si manifesta come un cammino in corso, per certi aspetti ancora in via di definizione e di affinamento”.
E nelle sue Considerazioni finali don Valerio Pennasso dà conto del modo in cui la Chiesa italiana è impegnata a stimolare il dialogo con, e tra, le Comunità locali: da tale, più ampio coinvolgimento, e dall’acquisizione dell’esperienza raccolta in questi cinquantasei anni trascorsi dopo il Concilio ci si aspetta scaturisca una maggiore maturità nel progetto delle chiese del XXI secolo: “Se la dimensione liturgica è fondamentale nel porsi di fronte alla progettazione dei luoghi per il culto, insieme con la cultura architettonica, di cui si parla nel presente volume, è bene sottolineare che v’è anche un altro aspetto la cui importanza è posta in rilievo con energia dalla predicazione di papa Francesco: la dimensione comunitaria. E questo aspetto richiede oggi un particolare impegno sul piano ecclesiologico nonché pastorale”.
Per chi li sa osservare, i luoghi liturgici sono come un vangelo che, scolpito nella concretezza della materia, sempre coinvolge e orienta le persone, ai nostri giorni come nel passato. Pur nel variare di forme, dimensioni, materiali, restano con la ricchezza del loro legato e con l’eloquenza del loro significato. Sono questi che nel loro ordinato disporsi compongono la bellezza delle chiese, anche ai nostri giorni.
Architettura e liturgia. Intese, oltre i malintesi
di Leonardo Servadio con contributi di Giancarlo Santi, Paolo Portoghesi, Paolo Tomatis e Valerio Pennasso (TAB, pagine 192, euro 20,00).