di Vittorio Peretto*
“Non esistono storie
che non possano essere
abitate ed esplorate dall’interno.”
Matteo Pericoli, Il grande museo vivente dell’immaginazione.
Il Saggiatore
La lettura dell’illuminante testo di Matteo Pericoli, è stata per me l’occasione per mettere a punto qualche intuizione sulla chiesa dedicata ai Santi Gallo e Desiderio, a Ponna inferiore, in Val d’Intelvi, un piccolo scrigno barocco, nel cuore verde delle Prealpi comasche. La Val d’Intelvi è una valle particolare, con due fiumi, il Telo che scende verso il lago di Como e il Lirone che scende verso il Lago di Lugano. Per secoli ha dato i natali a decoratori, stuccatori, gessisti ed artisti – radunati sotto il nome di Magistri – che hanno diffuso la bellezza in tutta Europa.
Da circa 30 anni frequento questa piccola e meravigliosa chiesa ma – me ne stupisco io stesso – non mi sono mai posto fino a ora particolari domande sulla sua posizione un po’ staccata dal centro abitato che arriva sì e no a 30 anime e che è raggiunto da una strada dal 1957 (prima si arrivava soltanto a piedi).
Immaginiamo questo nucleo di vecchie case che, al suo estremo nord, fa perno su un campanile che era probabilmente una torre di avvistamento del tardo Impero romano. E da lì, superato un piccolo piazzale, ci si trova davanti a una Via Crucis in fondo alla quale si delinea la scenografica facciata laterale della chiesa. Andando oltre, si trova il Cimitero contornato dal bosco e dalle selve castanili e poi si intravede il Lago di Lugano e le cime delle Prealpi sullo sfondo.

Potrebbe essere una bella e gratificante cartolina, ma forse è ben di più. La domanda che ho iniziato a pormi infatti, è stata questa: è tutta una bella sequenza oppure c’è un intento narrativo che ha definito le scelte?
La Via Crucis e la facciata della chiesa si debbono al geniale progetto di Gallo Barelli e all’arte pittorica di Carlo Scotti, nella seconda metà del 18° secolo. Sicuramente una coppia rodata, per nulla avulsa dai significati simbolici e dotata di sensibilità anche verso la natura.
Succede allora che un giorno noto una certa somiglianza tra la cuspide sommitale della facciata a trompe l’oeil e le retrostante sagoma della cresta di Cima Fiorina, una delle vette dominanti la Valsolda.


Provo a sovrapporre due fotografie e il riscontro risulta assolutamente credibile. Non solo, entro in chiesa e, nello stesso asse della via Crucis c’è il bellissimo affresco di Ambrogio di Valsolda, del 1504, che rappresenta la Madonna col Bambino, affiancata dai Santi Gallo e Desiderio. Mi sembra che la sagoma della montagna possa aderire anche alla disposizione delle loro teste. Provo ancora una volta a sovrapporre le relative fotografie e anche lì, mi sembra che tutto funzioni.

Poi, in questo itinerario esplorativo compare il cimitero. Mi chiedo “perché proprio lì e non altrove?”. Dietro occhieggia il Lago nel profondo della Valle sovrastato dalle cime della Valsolda e della Val Cavargna.
Provo a formulare a questo punto la mia ipotesi: tutto parte dalla Comunità, dove le vite delle persone si dipanano. La Via Crucis rappresenta il percorso del cristiano, un itinerario in Dio, il cammino della Fede. Poi si giunge alla chiesa, ovvero alla Fede. Dopo di essa, il cimitero, posto come una porta verso la vita dopo la morte (promessa cristiana).

Vedere il panorama dal cimitero allora è come aprire uno sguardo sul Creato, sul Paradiso, sulla bellezza della Natura/opera di Dio. Il compimento della promessa della vita dopo la morte.
Vittorio Peretto è agrotecnico e paesaggista. Il suo sito web è https://www.hortensia.it/
