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RESTAURARE LO SPAZIO, COLMARE UN’ASSENZA

La ricostruzione di un altare del secolo XVII perduto per un incendio

di Luca M. Cristini

La chiesa parrocchiale di San Giuseppe a San Severino Marche, già danneggiata dal sisma Marche-Umbria 1997, il 31.12 2009 è stata teatro di un incendio per cortocircuito elettrico che lasciava l’edificio privo dell’altare laterale destro, opera seicentesca più volte rimaneggiata fino al secolo XX.

L’altare e il suo ruolo nello spazio interno

Seppure fosse oggetto di non enorme valore artistico, tuttavia lo spazio interno della chiesa, costruita ex novo nel secolo XVII, è caratterizzato da una perfetta euritmia e nonostante l’altare perduto non abbia più alcuna funzione liturgica, ci si è resi conto che non poteva restarne menomato. Il nostro obiettivo era dunque “il restauro dello spazio” nel tentativo di ripristinare l’euritmia interna, sbilanciata dalla perdita di quanto bruciato.

In alto, interno della chiesa durante il restauro. Qui sopra, la cupola prima del restauro.

I presupposti metodologici

Ci siamo orientati, in primo luogo, considerando il celebre assunto di Cesare Brandi, secondo cui: “Il restauro deve mirare al ristabilimento della unità potenziale dell’opera d’arte, purché ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo”. Altra fonte di ispirazione sono state le parole che il celebre architetto americano Frank Lloyd Wright, pronunciò nel 1926, in una lezione all’università di Princeton, sostenendo la necessità della nascita di un’estetica autonoma dei prodotti realizzati con le moderne tecnologie: stigmatizzando la produzione di «copie fatte a macchina di originali fatti a mano», egli affermò con decisione che «l’imitazione dell’antico reso antico dalla macchina fosse un abominio tra i più abominevoli».

La mancanza di adeguata documentazione, la perdita dei saperi artigianali necessari a replicare quanto perduto sono stati ulteriori fattori che ci hanno spinto nell’escludere senza appello l’ipotesi di ricostruire l’altare “dove era, come era”, slogan di grande effetto e presa, soprattutto sui non addetti ai lavori, ma che è del tutto fuorviante.

Vita frontale dell’altare prima dell’incendio

I resti carbonizzati dell’altare

L’unica soluzione che ci è sembrata praticabile per tentare di ristabilire la stereometria interna era replicare il volume perduto in maniera semplificata, adottando tecniche che rendessero evidente la contemporaneità dell’intervento.

L’idea e il progetto

L’ipotesi è stata quella – mutuata dalla metodologia ormai consolidata nella reintegrazione di parti nelle opere d’arte, in particolare nei dipinti – di applicare la prassi della cosiddetta “semplificazione”, ovvero di realizzare un elemento di reintegro che permetta di nuovo la percezione dell’unità spaziale della chiesa, ma, allo stesso tempo, ne denunci l’epoca di costruzione.

Nel tradurre in pratica questo proposito alla scala dell’edificio, in una prima fase di studio si era simulata la replica di quanto perduto mediante un’ipotetica serie di lame d’acciaio, che costituissero l’inviluppo del volume originario. Ciò – prima ancora di aver compiuto rilievi di precisione sui resti e sul sedime dell’altare – è stato utile per simulare l’inserimento nel contesto con alcuni rendering. Questo ci ha permesso di sottoporre l’intento alla Commissione per l’arte sacra della Diocesi e, successivamente, di avere un confronto preventivo con il Soprintendente per i Beni Architettonici delle Marche, dal quale abbiamo avuto un esplicito invito a procedere nello studio della soluzione e a sottoporre la proposta definitiva alla successiva approvazione.

Studio per la ricostruzione dell’altare

L’ipotesi definitiva di ricostruzione dell’altare

L’approfondimento del progetto ha portato alla soluzione, che poi è divenuta quella definitiva e forse meno eversiva rispetto alla prima ipotesi – ovvero di completare il vuoto lasciato dalle fiamme con un elemento costituito da lame orizzontali in legno, assicurate ad una struttura metallica di ancoraggio al muro. Non bisogna dimenticare la necessità di calcolare l’intero elemento secondo i parametri che la normativa prescrive per le strutture in zona sismica. Da questa elaborazione, sottoposta poi alla definitiva approvazione della Soprintendenza, è risultato l’elemento messo in opera in chiesa, realizzato con elementi in multistrato di betulla dello spessore di 3 cm e profilati secondo lo schema esecutivo attraverso una macchina a controllo numerico. Queste lame sono state trattate con vernice di finitura in due divere nuances di marrone, con un impregnante ignifugo e messe in opera con intervallo di 3 cm sull’intelaiatura metallica completamente invisibile.

La statua superstite in un “altare sipario

Particolare trattazione merita la sorte della commovente statua in gesso della Madonna di Lourdes: aggredita dal fuoco, non è stata mai rimossa dalla nicchia, né durante la prima fase dei lavori e neanche in seguito al sisma del 2016. Si è ritenuto doveroso, quindi, conservarla definitivamente in quella collocazione, vista anche la grande devozione di cui è fatta oggetto da parte dei fedeli.

La statua della Madonna di Lourdes, dopo l’incendio

Il grave danno subito nell’incendio dal manufatto determina l’impossibilità di ogni suo spostamento e di un restauro, che non sia un semplice consolidamento volto a cristallizzare stato attuale.

Lamine in acciaio per la ricostruzione dell’altare

Per gli attuali orientamenti liturgici non è pensabile lasciare in venerazione un simulacro sacro così deturpato, così – replicando il meccanismo dei degli “altari sipario”, molto diffusi a partire dal secolo XVII – si è collocato davanti alla nicchia un quadro, già pala l’altare nella stessa chiesa fino agli inizi del secolo XIX e successivamente conservata in sagrestia. Un semplice telaio con cerniere laterali permette al dipinto di ruotare e scoprire alla vista la Madonna nella sua nicchia.

arch. Luca Maria Cristini

L’altare ricostruito

Scheda tecnica

LUOGO DELL’INTERVENTO: Chiesa Parrocchiale di San Giuseppe in San Severino Marche (MC), secc. XVII-XX.

Danni causati da: sisma Umbria-Marche 1997, incendio per corto circuito elettrico 2009, sisma Centro Italia 2016.

GRUPPO DI LAVORO

PROGETTO E DIREZIONE DEI LAVORI

arch. Luca Maria Cristini ideazione, progetto architettonico e d.l.

ing. Erika Gatti progetto e direzione opere strutturali

dott. Giacomo Maranesi rilievo e ricostruzione grafica altare bruciato

dott. Marco Armoni e dott. Emanuele Ticà ingegnerizzazione e restituzione grafica

geom. Franco Monteverde per “Gruppo Marche” computi metrici e contabilità

REALIZZAZIONE

Mastro T di Emanuele Ticà assemblaggio generale e finitura

Artigiana L.m.i.,di Vissani Severino & C taglio e verniciatura elementi lignei

Testa di Legno, diLorenzo Bertolucci taglio elementi lignei

Tecnofer di Carradori Gianpiero & C realizzazione carpenteria metallica

 

PER UNA CRONOLOGIA GENERALE DEL CANTIERE

 

L’arcivescovo di Camerino-San Severino Marche Francesco Massara ha annunciato la riapertura della chiesa di San Giuseppe per il 15 giugno 2024.

Come ha scritto Raoul Paciaroni nella sua guida all’edificio, la chiesa non è la più antica né la più monumentale tra le tante che sorgono nel centro storico della città. Senza dubbio è però tra le più frequentate dai fedeli, sia per la sua posizione centrale che per motivi affettivi e devozionali di lunga tradizione. Sarà quindi festa grande in città poter vedere di nuovo aperto quel portone che affaccia sulla piazza del Popolo, chiuso ormai da quasi quindici anni.

A prima vista, osserva Paciaroni, la chiesa sembrerebbe non meritare molta attenzione nemmeno dal punto di vista artistico, ma un’osservazione meno superficiale mostra come anche qui vi siano stati lasciate importanti testimonianze dell’arte nei quattro secoli della sua esistenza e le opere presenti serbano delle sorprese a chi presta loro attenzione. Oltre ad essere una chiesa di schietto impianto barocco, vista la sua relativamente recente edificazione, si può notare come essa sia l’unica in cui si può trovare un’atmosfera artistica cosmopolita, testimoniata dagli artisti che per essa furono all’opera; tra essi ricordiamo l’architetto ticinese Gaetano Maggi e gli autori di alcune opere scultoree e pittoriche come Denis Plouvier, Horace Le Blanc, Ernst van Schayck.

SISMA 1997 e INCENDIO 2009

Fatta questa premessa, bisogna ricordare come un vero percorso ad ostacoli sia stata la sorte dell’edificio, dal gennaio 2010 fino al tanto atteso l’annuncio della riapertura. Mentre la chiesa attendeva opere di miglioramento sismico conseguenti ai danni e alle carenze strutturali evidenziate a causa del terremoto del 1997 – in seguito al quale si erano solo eseguiti degli interventi provvisori di messa in sicurezza – un incendio, divampato in chiesa il 31 dicembre 2009 per un cortocircuito elettrico, aveva attaccato e distrutto completamente l’altare laterale destro, mentre i fumi avevano deturpato gli oltre mille metri quadrati di superficie decorata interna con un’uniforme patina marrone. Solo nel 2013, dopo una lunga trattativa con l’assicurazione e con gli Enti preposti alla ricostruzione, compiuto l’ iter progettuale e grazie anche al contributo 8×1000 della CEI, si era riusciti ad avviare i complessi i lavori di restauro. Questi nell’autunno del 2016 stavano volgendo al termine: la componente strutturale era pressoché conclusa, mentre si stavano ancora eseguendo le più lunghe e delicate opere di pulitura e restauro degli apparati decorativi plastici e pittorici.

SISMA 2016

I fenomeni sismici dell’agosto e dell’ottobre 2016 hanno trovato, quindi, strutture opportunamente rinforzate, fatto questo che ha scongiurato nuovi danni all’edificio, che ne è uscito sostanzialmente indenne. A pagare pegno è stato però il campanile, sul quale non si erano eseguiti interventi, perché non aveva evidenziato criticità in seguito al più debole sisma Umbria-Marche 1997. Il terminale in muratura e lamina di piombo della cella campanaria, perso l’appoggio di base a causa dal fortissimo sisma del 30 ottobre, era rimasto precariamente sostenuto dal solo perno centrale in legno e minacciava di cadere. Così l’1 novembre 2016, con un intervento di somma urgenza, i Vigili del Fuoco hanno provveduto a imbragarlo, liberarlo dall’ultimo sostegno e, con un altissima gru calarlo a terra. Di qui un lungo stop ai lavori, finché non si è individuata – tra il complesso sistema delle ordinanze per la ricostruzione – la modalità per far ripartire i lavori di un cantiere legato a un terremoto precedente, che ha subito danni a causa di uno successivo: praticamente si trattava di un caso unico nel cratere marchigiano.

LA RIPRESA DEI LAVORI 2022

Solo la tenacia di chi ha voluto a tutti i costi portare a termine i lavori e il fattivo impegno dell’ingegner Cesare Spuri – allora dirigente dell’ufficio per la ricostruzione – e dei suoi collaboratori, hanno permesso la ripresa dei lavori. Nel 2021 è stata finalmente approvata la variante al progetto originario, con un finanziamento aggiuntivo per coprire i nuovi danni. Tra le opere da terminare c’era anche la problematica ricostruzione dell’altare perduto nell’incendio. L’opera non era stata mai appaltata, in quanto il progetto definitivo – in attesa di approvazione dal 2018 – ha avuto il nulla osta solo nell’autunno 2022.

Ora non ci resta che aspettare la tanto attesa riapertura, che renderà possibile, dopo oltre quaranta anni di silenzio, anche risentire il suono del grande organo Nacchini del 1757, grazie all’impegno economico della Parrocchia e a un ulteriore contributo specifico dell’8×1000 Cei. I nuovi impianti doneranno maggiore sicurezza e confort alla chiesa di San Giuseppe, che, ci si augura, potrà d’ora in poi riaccogliere i molti che vi entravano anche solo per un segno di croce o per curiosità verso il prezioso monumento.

Nota Biografica del Progettista

Luca Maria Cristini si è laureato in Storia e Restauro e ha ottenuto l’abilitazione professionale alla Facoltà di Architettura di Firenze nel 1997. Dal settembre dello stesso anno è attivo in Protezione Civile nello specifico settore della salvaguardia del Patrimonio Culturale, con interventi in qualità di volontario nelle emergenze sismiche da Marche-Umbria 1997 a L’Aquila 2009; dal 2000 tiene corsi su queste tematiche ai volontari in tutta Italia. Nel 2007 è stato insignito del Premio Rotondi per i salvatori dell’Arte. Nella propria attività professionale si occupa prevalentemente di restauro di edifici storici, di riqualificazione di spazi urbani e di allestimenti. Ha al proprio attivo interventi di restauro della duecentesca torre civica di San Severino Marche e delle chiese di San Giuseppe, Sant’Apollinare, della Santa Croce, di Santa Maria dell’Ara, di San Giovanni Evangelista, di San Giovanni Battista, alcuni dei quali con lo studio “Gruppo Marche”, con cui collabora dal 1999. Ha progettato ed eseguito il restauro degli spazi urbani dei castelli di Elcito e di Croce e il riallestimento con ampliamento della Pinacoteca di San Severino Marche. Dal 2017 al 2020 ha progettato e diretto oltre venti interventi di messa in sicurezza di chiese danneggiate dal Sisma Centro Italia del 2016. Dal 2007 al 2020 è stato docente in IRM (Istituto di Restauro delle Marche) presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata e dal 2009 al 2017 è stato Direttore dell’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche. Nel 2000 ha ottenuto la qualifica di Pubblicista e si iscrive all’Albo dei Giornalisti delle Marche. Dal 2000 è Pubblicista iscritto all’Albo dei Giornalisti delle Marche e nel novembre 2005 ha ottenuto la Menzione d’onore al XXIII Premio Salimbeni per la Storia e la Critica d’Arte con il volume: Ireneo Aleandri 1795-1885 – L’architettura del Purismo nello Stato Pontificio.

(dove non altrimenti indicato le foto sono tutte di Luca M. Cristini)

 

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