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Alberto Venditti: dal “Teatro della follia” alla Pietà Rondanini. Mostra a cura di Ferdinando Zanzottera

Nella magica atmosfera delle sale affrescate di Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno, il 22 giugno 2024 si è aperta La mostra “Alberto Venditti: dal «Teatro della Follia» alla Pietà Rondanini” che ripercorre in chiave inedita l’operato artistico del pittore e incisore nato a Napoli nel 1939, già docente all’Accademia di Brera.

L’esposizione ripropone, contestualizzandole culturalmente, alcune sue opere degli anni Sessanta-Settanta e degli ultimi due decenni, collegandole idealmente con l’opera poetica di Kahlil Gibran intitolata “Il Folle” e con i versi della nota poetessa Alda Merini dedicati al dolore indicibile dell’esperienza manicomiale e alla Pietà Rondanini, da lei intesa come espressione di un’ideale trilogia: il sacrificio in croce del Figlio dell’Uomo, giudicato folle dalla mentalità corrente; il lacerante dolore della Madonna, madre del condannato; la solitudine del Cristo, deriso e respinto.

Per la prima volta sono raccolte ed esposte le opere di Venditti appartenenti al ciclo de “Il Teatro della Follia”, personale disanima dell’artista della società degli anni Settanta, segnati dalla finzione dell’uomo comune, molto spesso più interessato all’apparire che alla bellezza della realtà, dall’ipocrisia del voler celare la propria vera identità nel palcoscenico dell’esistenza, dalla violenza del brigatismo e dalla presa di coscienza della società civile della drammatica condizione dei luoghi nei quali erano rinchiusi i malati di mente (i manicomi). Temi della ricerca di quegli anni di Venditti, dunque, sono il cinema, il teatro, la recitazione, la maschera, oltre che la follia, il sonno della ragione, la fuga e il dramma del suicidio. Quello riproposto in mostra è un ciclo pittorico affiancato da una serie di opere, quasi tutte degli anni Sessanta, nelle quali l’artista raffigura il surreale, volatili mostruosi, creature inesistenti ed esseri neri fantastici, forse connessi all’io introspettivo più intimo e al segreto universo dell’inconscio.

Alberto Venditti. Ritratto per la follia. 1979. Olio su tela. Foto courtesy ISAL.

Nei dipinti traspare la vastissima cultura artistica di Venditti nelle cui opere affiorano a tratti citazioni, ispirazioni o riferimenti, consci e del subcosciente, ai maestri e ai colleghi ai quali egli si rivolge con curiosa gratitudine. Nella ricercata vorticosità dei movimenti, nella maniacale attenzione dell’impiego dei colori e dei loro accostamenti e negli studiati punti prospettici impiegati da Venditti per costruire le scene dipinte, non sono dunque evidenti solo le lezioni di Arnaldo De Stefano, di Augusto Perez e dei maestri napoletani, ma anche quelle più labili dei surrealisti e di René François Ghislain Magritte, come ne “Il poeta e la città” e ne “L’uomo allo specchio”, nel quale una persona vede il suo vero volto riflesso nello specchio malgrado abbia il viso avvolto da bende e sia coperto da una mano.

Riprendendo l’espressione da molti impiegata per definire Magritte, anche Alberto Venditti è dunque un “disturbatore silenzioso”, perché i suoi dipinti celano verità profonde segnate dalla storia e dai segni dell’operosità del lavoro manuale che, come affermava Alda Merini in un’intervista RAI del 2001, cela sempre la caducità della condizione dell’uomo e la sua sacralità.

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La Mostra Alberto Venditti: dal “Teatro della follia” alla Pietà Rondanini è organizzata dall’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda in collaborazione con il Comune di Cesano Maderno e Art Lab Giardino 22 nell’ambito delle celebrazioni del centenario della nascita di Franco Basaglia (11 marzo 1924 – 29 agosto 1980).

LUOGO: Palazzo Arese Borromeo (Sale affrescato del piano terra) in Cesano Maderno (via Borromeo, 41)

TEMPO: 22 giugno – 15 settembre 2024. Da lunedì a venerdì: dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 18,00. Sabato e domenica: dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 19,00. Ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura.

Compreso nel biglietto: ingresso visita del Palazzo

Per maggiori informazioni: Comune di Cesano Maderno – Ufficio Cultura (cultura@comune.cesano-maderno.mb.it) ; Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda (info@istitutoartelombarda.it)

INIZIATIVE CORRELATE

Momento pubblico di presentazione della mostra (con la presenza dell’autore e del curatore): Mercoledì 17 luglio a partire dalle ore 18,00 (anche in streaming) in Sala Aurora (programma specifico in corso di definizione).

PER APPROFONDIMENTI: ALCUNE CITAZIONI PRESENTI IN MOSTRA

DA “IL FOLLE” DI KALIL GIBRAN

Mi chiedi in quale modo io sia divenuto folle.

Accadde così: un giorno, assai prima che molti dèi fossero generati, mi svegliai da un sonno profondo e mi accorsi che erano

state rubate tutte le mie maschere – le sette maschere che in sette vite avevo forgiato e indossato -, e senza maschera corsi per

le vie affollate gridando: «Ladri, ladri, maledetti ladri».

Ridevano di me uomini e donne, e alcuni si precipitarono alle loro case, per paura di me. E quando giunsi nella piazza del

mercato, un giovane dal tetto di una casa gridò: «È un folle».

Volsi gli occhi in alto per guardarlo; per la prima volta il sole mi baciò il volto, il mio volto nudo.

Il sole baciava per la prima volta il mio viso scoperto e la mia anima avvampava d’amore per il sole, e non rimpiangevo più

le mie maschere.

E come in trance gridai: «Benedetti, benedetti i ladri che hanno rubato le maschere».

Fu così che divenni folle.

E ho trovato nella follia la libertà e la salvezza: libertà dalla solitudine e salvezza dalla comprensione, perché quelli che ci

comprendono asserviscono qualcosa in noi”.

DA “VUOTO D’AMORE” DI ALDA MERINI

Spazio

Spazio spazio, io voglio, tanto spazio

per dolcissima muovermi ferita:

voglio spazio per cantare crescere

errare e saltare il fosso

della divina sapienza.

Spazio datemi spazio

ch’io lanci un urlo inumano,

quell’urlo di silenzio negli anni

che ho toccato con mano

DAL DOCUFILM-INTERVISTA AD ALDA MERINI “PUNTI DI VISTA”. ALDA MERINI DAVANTI ALLA PIETÀ RONDANINI – 2001

Ma è così bella la vita nella sua intemperanza, in fondo perché una persona deve sapere che lei ha sofferto in un

manicomio un’orrenda favola, una favola di orrore, una grossa canagliata.

L’uomo ci si crogiola nel dolore, non ho capito perché.

Parliamo invece di gioia. Parliamo di sole.

Michelangelo mi ha sempre colpito molto, anche perché ha avuto una vita straziata dal male, proprio dal male fisico e

morale, ma da questo male, umano e disumano, sono nate delle cose grandiose […]

Nella Pietà Rondanini ci sono due tempi di dolore: il dolore fisico, il rilasciamento fisico di un Cristo che cade dalla croce,

che quindi è morto, e che ormai è senza dolore dopo aver passato il travaglio della carne; e il dolore morale di Maria […]

Si fa tanto caso al dolore mariano perché la Madonna è stata ferita a morte. Il figlio è talmente legato alla madre che il

dolore del figlio carnalmente lo sente anche la madre […]

Nella pietà c’è anche l’urlo segreto che non si sente. E quanta gente come noi urla lungo la giornata. A volte non è la voce ad

essere sintomo di dolore, ma spesso è il silenzio.

Noi vediamo nella Pietà Rondanini un silenzio mostruoso, una morte della parola

e, infatti, muore il «Verbo»”.

 

I PROTAGONISTI DELLA MOSTRA (profili biografici sintetici)

Alberto Venditti

Alberto Venditti nasce a Napoli nel 1939 dove compie gli studi artistici nella locale Accademia e dove conosce, divenendone allievo, Armando De Stefano e Giovanni Brancaccio. Nel 1957 realizza la sua prima mostra riscuotendo notevole interesse tra la critica ed ottenendo differenti riconoscimenti. Nel 1960 partecipa a molteplici eventi, tra le quali: la “Mostra Regionale Arti figurative” di Nola, dove si aggiudica il primo premio di pittura; la “Rassegna Giovani Artisti del Mezzogiorno” a Napoli, dove si aggiudica la Medaglia d’oro per la scultura del Presidente RAI. L’anno seguente vince una borsa di studio per l’affresco ad Arcumeggia, entrando in contatto con altri giovani artisti e il mondo della milanese Accademia di Brera. In quegli anni ha come maestro di incisione Arnoldo Ciarrocchi, dal quale apprende nuove possibilità espressive. Da allora, sino ad oggi, la sua produzione incisoria si muove parallelamente alla ricerca pittorica dedicandosi ad eterogenee tecniche grafiche. Nel 1962 gli viene assegnato il Premio Mancini per la pittura e compie un viaggio in Inghilterra dove conosce Henry Moore. Negli anni Sessanta partecipa a numerose mostre e sperimenta la tecnica del collage, impiegata da numerosi artisti europei tra cui Henri Matisse.Nel 1971 Venditti si trasferisce a Milano e diviene professore al Liceo Artistico di Brera. Nel 1993 diventa docente di Tecniche di incisione all’Accademia di Brera dove, successivamente, insegnerà anche alla Scuola di Nudo. I primi anni a Milano sono vissuti intensamente stringendo proficui rapporti con numerosi esponenti dell’arte e della critica. Trova uno studio in un cortile in Piazza Castello, nel quale lavorerà ininterrottamente per quasi 20 anni. Nel 1979 vince il “1° Premio di Pittura Ernesto Treccani” e, negli anni seguenti, partecipa a un numero significativo di esposizioni di grande valore. Nel 1987 gli vengono commissionati importanti lavori, quali: la pala d’altare “Beato Benedetto Menni” per la chiesa di Santa Maria alla Fontana di Milano; la “Cena di Emmaus” per la Chiesa di San Giorgio in Schianto (Varese); la grande ceramica per la facciata della Chiesa di San Cristoforo di Ossona (Milano). Nel 1992 sbarca a New York, dove partecipa alla mostra “Un punto per Piero”, omaggio a Piero della Francesca. Negli anni seguenti si susseguono a ritmo frenetico mostre di pittura e di incisione, che vedono Venditti esporre all’estero e in tutta la penisola. Negli ultimi due decenni, l’attività di Venditti sembra essersi concentrata su tematiche ben specifiche mutando, a tratti, anche il linguaggio figurativo, che è tornato ad esprimersi, con rinnovato fulgore, mediante la tecnica del collage. Tra i temi toccati dalla sua ricerca, i “cicli pittorici” dedicati alla Pietà Rondanini, alla poetessa Alda Merini, al maestro Vincent Van Gogh, alla genialità di Leonardo da Vinci e alla contemporanea città di Milano, sempre presente dagli anni Settanta nella pittura di Venditti.

Ferdinando Zanzottera

Professore di Storia dell’Architettura presso il Politecnico di Milano, è Direttore del Dipartimento di Valorizzazione dei Beni Culturali e Conservatore degli Archivi e della Fototeca ISAL. Coordina progetti di ricerca e catalogazione dei Beni Culturali per Regione Lombardia. Ambiti principali dei suoi studi e delle pubblicazioni sono la tutela e il recupero dei beni storici ed ambientali, il legame esistente tra materia, architettura ed arte, gli insediamenti monastico-religiosi nel loro sviluppo dal medioevo alla contemporaneità e la valorizzazione dei Beni Culturali. È Fondatore e membro del comitato scientifico del progetto “30x40x50 SUBURBS OF THE WORLD”, che ha realizzato numerose esposizioni sulle periferie urbane, soprattutto in Italia e in Brasile. Curatore scientifico di un centinaio di mostre di arte, architettura e fotografia, in Italia e all’estero, tra le quali si segnalano: “Marco cavallo e l’architettura negata. Abbandono e degrado degli ex ospedali psichiatrici”, “Urla dal silenzio. Immagini degli ex ospedali psichiatrici” e “Immagini della mente: gli ex manicomi nel nord-est italiano”, svoltesi a Milano e in Brianza tra il 2013 e il 2022. Tra le altre esposizioni si segnala la co-curatela e la collaborazione alle mostre “1906-2015: verso l’Expo di Milano” e “Expo x Epos, Bureau International des Expositions”, ospitate presso la Triennale di Milano.

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